I primi quaranta consiglieri regionali della Calabria

Giorgio Liguori

1. Gli eletti alla I Legislatura del Consiglio regionale
2. I momenti salienti dei primi mesi di vita della Regione
3. I risultati elettorali delle Regionali 1970 in Calabria
4. Galleria delle immagini

Giorgio Liguori

2. I MOMENTI SALIENTI DEI PRIMI MESI DI VITA DELLA REGIONE

Il primo presidente del Consiglio Regionale della Calabria fu il socialista Mario Casalinuovo, eletto durante la 3a seduta consiliare, il 30 luglio 1970, insieme agli altri membri dell’Ufficio di Presidenza: vice presidenti, il democristiano Antonino Lupoi (dimissionario e sostituito il 19 ottobre successivo dal collega di partito Vincenzo Peltrone) ed il comunista Francesco Martorelli; segretari, il democristiano Mariano Rende ed il comunista Giuseppe Fragomeni.

La prima Commissione consiliare ad essere nominata fu la Commissione per la elaborazione dello Statuto della Regione Calabria, costituita nel corso della 5a seduta consiliare, il 15 settembre 1970, e composta da 15 componenti.
Furono chiamati a far parte della Commissione i democristiani Rosario Chiriano, Ernesto Corigliano, Aldo Ferrara, Lodovico Ligato e Giorgio Liguori, i comunisti Tommaso Iuliano, Francesco Martorelli e Tommaso Rossi, i socialisti Saverio Alvaro e Antonio Mundo, il socialista unitario-democratico Vincenzo Cassadonte, il missino Giuseppe Marini, il liberale Giuseppe Torchia, il repubblicano Antonio Scaramuzzino ed il consigliere del PSIUP Scipione Valentini.
Il primo presidente della Commissione fu Aldo Ferrara.

Sempre nel corso della 5a seduta consiliare furono nominate la Giunta delle Elezioni e la Giunta per il Regolamento.
I primi membri della Giunta delle Elezioni furono i consiglieri Antonio Mundo (presidente), Pasquale Perugini, Tommaso Iuliano, Giuseppe Marini e Giuseppe Torchia; mentre quelli della Giunta per il Regolamento furono i consiglieri Mario Casalinuovo (presidente), Ernesto Corigliano, Costantino Fittante, Vittorio Passafari, Benedetto Mallamaci, Antonio Scaramuzzino, Benito Falvo, Giuseppe Torchia e Scipione Valentini.

Nei primi mesi della Legislatura, in seguito all’elezione della Giunta regionale, ci furono diverse sostituzioni tra i consiglieri-componenti di questi organi del Consiglio regionale, in quanto alcuni di essi vennero nominati assessori. Ad esempio, in Commissione Statuto ben sei consiglieri furono sostituiti, incluso il presidente Aldo Ferrara. Quest’ultimo fu sostituito nella guida della Commissione dal collega di partito Rosario Chiriano, mentre i vice presidenti furono il comunista Tommaso Iuliano (confermato) ed il socialista Consalvo Aragona (subentrato in Commissione al posto di Saverio Alvaro nominato vice presidente-assessore della Giunta.

La prima Giunta regionale della Calabria ottenne la fiducia del Consiglio nel corso della 7a-bis seduta consiliare del 19 ottobre 1970. Risultò eletto presidente della Giunta regionale il democristiano Antonio Guarasci, sostenuto da una coalizione di centro-sinistra (DC – PSI – PSU-PSDI). Il presidente Guarasci poté contare, inizialmente, su una maggioranza di 25 consiglieri (17 DC, 6 PSI e 2 PSU-PSDI). All’opposizione si collocarono il PCI con i suoi 10 consiglieri ed il consigliere del PSIUP, mentre i consiglieri del MSI (2), del PLI (1) e del PRI (1), al momento della fiducia a Guarasci, votarono scheda bianca. Nella seduta del 19 ottobre furono presenti tutti i 40 consiglieri regionali, come ebbe a sottolineare lo stesso presidente Guarasci nel suo ampio ed articolato discorso pronunciato dopo il voto di fiducia.

» I passaggi più significativi del discorso di Guarasci

Ma esattamente due mesi più tardi, il 19 dicembre, dopo tre giorni (15, 16 e 19) di dibattito sulle dichiarazioni programmatiche del presidente della Giunta, la maggioranza rischiò di essere battuta nel corso della 12a seduta consiliare. Le dichiarazioni del presidente Guarasci ottennero la fiducia del Consiglio per un soffio, a conferma del clima politico rovente vissuto anche all’interno degli stessi partiti della maggioranza di centro-sinistra.
Dalla stampa dell’epoca si coglie la difficile situazione alla Regione: «A proposito dei “fattacci di Reggio” (fattacci per lo spudorato strascico provocato dai politici) sono divampate delle polemiche che hanno alimentato soltanto fuochi di incomprensione e di dannose astensioni, tra i consiglieri reggini e i colleghi cosentini e catanzaresi – commentava il giornalista Martino Zuccaro in un suo corsivo pubblicato dal settimanale cosentino «Parola di Vita», nel gennaio 1971 – . Basta pensare che le dichiarazioni programmatiche del presidente della Giunta son passate per un solo voto (19 a 18!)… ». Su quanto stava accadendo alla Regione, lo stesso Zuccaro nel riflettere sulla difficile situazione si pose degli interrogativi: «Sarà proprio vero che le nuove entità regionali saranno degli autentici “fatti nuovi”, per amministrati ed amministratori? Le regioni, infine, attenueranno le esasperanti clientele, i sottogoverni organizzati a guisa di “mammasantissima”, i tanto deterioranti campanilismi? A queste domande, allo stato, pur possedendo una forte carica di buon umore e di ottimismo, pare che non si possa rispondere in senso positivo. Le prove più schiaccianti e lampanti, le troviamo nella cronaca spicciola degli avvenimenti delle riunioni, ufficiali e di corridoio, dei nostri “piccoli onorevoli” regionali. Formalmente le regioni hanno avuto i propri amministratori dalle elezioni del 7 giugno u.s., ma ancora niente di sostanzioso, di operativo, come si suol dire nella cronaca politica, si è avuto. No, ancora proprio nulla di concreto e costruttivo, se non diverbi, polemiche, attentati ordinati da questo o quel campanile, da questa o quella filiale di “mammasantissima”».
Più della metà dei quaranta consiglieri regionali intervennero nei tre giorni di discussione in aula sulle dichiarazioni programmatiche del presidente della Giunta, tra i quali Giorgio Liguori,  che prese la parola a favore delle stesse nel corso della prima giornata di dibattito, il 15 dicembre (10a seduta consiliare), sei giorni prima della sua tragica morte. Liguori tenne un ampio ed articolato discorso, al quale si richiamò lo stesso presidente-capogruppo consiliare della DC, Francesco Bevilacqua, intervenendo il 19 dicembre (12a seduta consiliare). Quello di Liguori fu un discorso da convinto regionalista ed oggi ritenuto ancora «molto significativo ed attuale», come ha affermato recentemente l’ex consigliere regionale comunista Armando Algieri (vs. rubrica “Convegni ed eventi”). Il discorso integrale di Liguori è consultabile nelle rubriche “Documenti e ‘frammenti’ politico-elettorali” e “Pubblicazioni con idee e programmi ancora attuali”.


La prima Giunta regionale presieduta da Antonio Guarasci fu composta da 12 assessori, 8 effettivi e 4 supplenti:

(assessori effettivi)
Saverio Alvaro
, vice presidente-assessore al bilancio-demanio-fiere e mercati;
Lodovico Ligato
, assessore agli enti locali-rapporti con l’Assemblea-polizia urbana e rurale-affari generali-aziende pubbliche regionali e locali-circoscrizioni amministrative e decentramento;
Pasquale Perugini
, assessore all’agricoltura e foreste;
Aldo Ferrara
, assessore all’urbanistica-assetto territoriale-piani regolatori comunali ed intercomunali-piani di fabbricazione-piani regolatori generali;
Giuseppe Nicolò
, assessore al turismo-industria alberghiera-caccia e pesca-attività commerciali-tempo libero-spettacolo e sport;
Cosolato Latella
, assessore alla difesa della salute-programmazione ospedaliera-assistenza e sicurezza sociale-medicina preventiva del lavoro-prevenzione infortuni;
Vincenzo Cassadonte
, assessore ai trasporti-comunicazioni-porti-aeroporti;
Fedele Palermo
, assessore alla pubblica istruzione-scuola-assistenza scolastica e centri servizi-istruzione professionale-cultura-biblioteche-musei;

(assessori supplenti)
Sergio Scarpino
, assessore alle finanze ed al tesoro-tributi-patrimonio-economato;
Angelo Donato
, assessore all’industria-artigianato-cave e torbiere-acque minerali e termali;
Antonio Mundo
, assessore ai lavori pubblici-viabilità-acquedotti-casa;
Ernesto Corigliano
, assessore al lavoro ed emigrazione-personale.

I lavori della Commissione per la elaborazione dello Statuto durarono poco più di cinque mesi (settembre‘70–febbraio‘71) ed il periodo più impegnativo della stessa Commissione fu tra ottobre e novembre. Lo Statuto fu approvato dal Consiglio regionale a larghissima maggioranza (35 favorevoli e 4 contrari, un solo consigliere assente in quanto in congedo) nel corso della 22a seduta consiliare, il 31 marzo 1971, l’ultima che si tenne nella città di Catanzaro. Il 4 aprile successivo, a Reggio Calabria, ci fu la “proclamazione solenne” dello Statuto della Regione Calabria; Statuto che il Parlamento approvò il 28 luglio 1971, con la legge n° 519 pubblicata sulla «Gazzetta ufficiale» il 3 agosto successivo.
Quel 31 marzo ’71 fu un giorno storico per la Calabria ed in occasione di quel momento solenne il presidente del Consiglio regionale, Mario Casalinuovo, pronunciò il suo discorso di ringraziamento all’Assemblea e di esaltazione del lavoro che la stessa aveva appena concluso con l’approvazione del documento fondamentale della Regione, nata nove mesi prima, con il voto del 7-8 giugno 1970.

» Il discorso integrale di Casalinuovo


Al momento dell’insediamento del Consiglio Regionale della Calabria (13 luglio 1970) si costituirono i seguenti Gruppi consiliari:

Democrazia Cristiana
“DC” (17 consiglieri);
Partito Comunista Italiano “PCI” (10);
Partito Socialista Italiano “PSI” (6);
Movimento Sociale Italiano “MSI” (2);
Partito Socialista Unitario - Partito Socialista Democratico Italiano
“PSU-PSDI” (2);
Partito Liberale Italiano
“PLI” (1);
Partito Repubblicano Italiano
“PRI” (1);
Partito Socialista Italiano Unità Proletaria
“PSIUP” (1).

All’inizio del 1971 i gruppi consiliari divennero 9. Con l’accentuarsi della grave situazione sociale e di ordine pubblico, che le cronache ci ricordano come “I moti di rivolta di Reggio” (quando la città dello Stretto rivendicò a sé la sede del capoluogo regionale), tre consiglieri reggini, Domenico Intrieri, Pasquale Jacopino e Antonino Lupoi, espulsi dalla DC perché in contrasto con la posizione ufficiale del partito sul “caso capoluogo regionale”, costituirono il Gruppo Indipendente “GI”.
Senza approfondire i “moti di rivolta di Reggio Calabria”, ormai consegnati al giudizio della storia, va comunque ricordato che a schierarsi per Reggio capoluogo della Calabria, furono anche uomini con ideali illuminati, dalla coerenza cristallina e politicamente corretti. Questi uomini pagarono di persona, in termini politici, la loro scelta, quella «di essere dalla parte del popolo reggino, in quella che fu una rivendicazione autenticamente popolare, che solo in un secondo momento prese altre direzioni». Tra questi uomini non possiamo non ricordare Antonino Lupoi, che, in Consiglio regionale, in più di un’occasione intervenne sui “fatti di Reggio”. In questa sede riportiamo la sua chiara posizione assunta in ‘tempi non sospetti’, ben due anni prima che esplodesse il caso della contesa del capoluogo regionale. Lupoi, nel novembre 1968, intervenne in qualità di capogruppo DC in seno al Consiglio comunale di Reggio Calabria.

» Passaggio dell'intervento di Lupoi


Va ricordato che, a causa del perdurare dei moti di rivolta, ai reggini furono negate (dal 6 febbraio al 24 dicembre 1971) le libertà democratiche e costituzionali. Non pochi atti di violenza si verificarono dall’estate ‘70 all’autunno ‘71 con lanci di bombe molotov, attentati dinamitardi, incendi…, barricate per le strade e occupazioni di edifici pubblici; il tutto contrastato delle pesanti cariche delle forze dell’ordine e dall’arrivo di mezzi blindati in città. Quando la rivolta cessò si contarono diversi morti e centinaia di feriti tra i civili e gli agenti delle forze dell’ordine.

Oggi Reggio Calabria – che conta oltre 180 mila abitanti residenti in costante crescita sociale e culturale, con la sua prestigiosa Università del “Mediterraneo”, il Museo archeologico nazionale con i suoi due preziosissimi “Bronzi di Riace” che tutto il mondo vorrebbe, con il suo monumentale Lungomare “Italo Falcomatà”, uno dei più suggestivi d’Italia, la sua meravigliosa “terrazza naturale” sullo Stretto e tanti altri suoi simboli paesaggistici e storico-artistici – di fatto è il capoluogo morale e culturale della Calabria. Di questo sono consapevoli non pochi calabresi e siamo sicuri che la città di Reggio lo sarà sempre più se, non solo i suoi abitanti, ma tutti insieme, dal Pollino all’Aspromonte, dal Tirreno allo Ionio, ci impegneremo a creare un serio e qualificato sviluppo socio-economico e politico-culturale dell’intera Calabria in una prospettiva più europea, perché è l’Unione il futuro e non i tanti campanilismi, fattori di divisione e lacerazione. Oggi, pensando all’Europa, non importa essere il capoluogo istituzionale di una Regione, ma il punto di riferimento di quella civiltà, quindi cultura e stile di vita, che essa riesce ad esprimere. Basti pensare all’esempio della grande metropoli di New York: non è la capitale degli Usa, ma è molto più importante di Washington con il suo simbolo per eccellenza della Statua della Libertà…